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La
storia della famiglia Ventura risalirebbe al XIV secolo. Il più antico
documento storico nell'archivio di Casa Ventura, risalente al 7 gennaio
1581, è costituito da un atto redatto dal Notar Piero Plantedi di
Cosenza, con il quale l'avo Silvio Ventura donava ai Padri Cappuccini un
castello, il terreno circostante e mille ducati in oro per la fondazione
di un Convento, i cui ruderi dominano ancora il centro abitato di Nocera
Terinese; nella chiesa conventuale, dedicata all'Assunta, la famiglia ebbe
la propria Cappella Gentilizia ed il diritto al seppellimento dei propri
morti, mantenuto fino alle leggi napoleoniche. La
famiglia ha sempre posseduto vasti terreni. |
Nella
prima metà del 1800 un altro Silvio Ventura diede un grosso impulso alla
modernizzazione dell'agricoltura, mettendo a coltura vasti terreni allora
boscati, piantando olivi e gelsi, introducendo nuovi sistemi di
coltivazione, costruendo filande, molini per cereali e perfino un impianto
per l'estrazione della liquirizia, diffusissima nel territorio. Al 1839
risale la costruzione del primo oleificio azionato a forza idraulica, con
presse idrauliche che sostituivano i primitivi torchi a vite.
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La
maggior parte delle piante di olivo sono pertano risalenti all’ottocento
ed al novecento.
Esistono tuttavia sparsi tra gli altri alcuni esemplari pluricentenari,
come quello rappresentato a lato, con un diametro alla base di oltre due
metri.
Nel
1999 sono stati impiantati 16 ettari di oliveto da mensa, per ampliare
l'offerta di prodotti aziendali.
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Il più antico olivo presente in azienda |
Il nostro torrione
medioevale
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All'interno dell'Azienda Agricola Ventura è
compresa una vasta area archeologica vincolata, ove si ritiene fosse
ubicata l'antica città di Temesa, nota già ad Omero come mercato non
greco dove i Tafi si recavano a scambiare ferro con rame. Si tratta di un
piccolo altopiano dalle pendici scoscese, denominato Piano di Terina,
esteso 25 ettari, distante circa 1 km dal mare, dove in passato sono
emerse tenui tracce del passato: qualche moneta, frammenti di vasetti e
lucerne di uso comune, tegole e mattoni, segni di un piccolo povero centro
abitato, poco più di un villaggio.
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Sono ancora visibili sul posto i resti delle mura di cinta di un castello bizantino ed il torrione
medioevale, posti sicuramente a guardia della valle del Fiume Savuto prima della foce
nel Mar Tirreno, che sin dall'antichità ha costituito una via di
collegamento tra costa ed interno: oggi l'Autostrada del Sole segue questo
stesso comodo tracciato.
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Dal 1983 la
Soprintendenza Archeologica della Calabria vieta sul pianoro ogni
attività agricola, fatte salve le zone coltivate a vigneto e ad oliveto,
in nome della salvaguardia dei resti antichi sottostanti; nel 2004 sono
riprese le campagne di scavo. |
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